Al fine di poter far configurare il mobbing occorre una pluralità di comportamenti da parte del datore di lavoro che siano oggettivamente lesivi della dignità e della salute del lavoratore
La Cassazione sez.Lavoro con sentenza del 7 giugno 2024 ha ritenuto insussistente il mobbing per presunti atti di dequalificazione e trasferimenti immotivati, non vi è infatti intento ritorsivo, gli atti seppur oggettivamente sgradevoli e ingiustificati non potevano essere considerati come mobbing.
Affinchè possa configurarsi il mobbing occorrono una pluralità di comportamenti da parte del datore o del collega che siano lesivi della dignità e della salute del lavoratore, deve esserci una sistematica e prolungata reiterazione di tali condotte nel tempo, un fine persecutorio, un danno concretamente riscontrabile sia esso patrimoniale o non patrimoniale ed il nesso di causalità.
L’onere probatorio è del lavoratore , il quale deve fornire la prova non soltanto degli atti lesivi ma anche della loro volontà persecutoria che può essere desunta, purchè vi siano gravi,concordanti e precisi indizi. E’ pertanto evidente la difficoltà di qualificare e di dimostrare in giudizio come “mobbing” comportamenti aziendali non esplicitamente illeciti anche se potenzialmente lesivi.
Avv.Marco Zarra